Via G. Byron, Poeta

Max Manfredi

Stavo solo brindando alla ipocondria 
che mi assume per fare da punto esclamativo 
a un pubblico pagante parlandone da vivo 
dentro i circoli ARCI di fumo e polizia; 
e adesso non ho voglia di menarlo ai deserti 
vedi che piglio tutto con estrema nonchalance 
di fuori sta piovendo, vedo ombrelli aperti 
voi siete senza "benza", 
ed io non senza chances… 
Ma gli zombi, gli zombi metton su facce serie 
si stanno riciclando dalle loro macerie 
sembrano inossidabili, vederli fa piacere 
specie quelli simpatici, che pagano da bere 
ma io sono in delirium, voi siete senza meta: 
ma mollatemi qui in via G. Byron, poeta. 
G. Byron lo conosco, era tosto con le donne 
gli han dedicato un viale con un cane lupo triste 
tacchinava inglesine, veneziane e bisnonne 
lui, I'orgoglio e la croce delle belle linguiste. 
Byron è amico mio, perché lui era un manico 
romantico, sciamanico, perché lui era un dandy; 
claudicante e bellissimo e un tantino satanico 
teneva in casa un teschio giusto per berci il brandy. 
L'autobus che mi serve ripassa domattina 
ma se cammino e sudo smisto qualche tossina 
mi fan male le olive se le mischio col gin 
non so se arrivo pulito fino a piazza Manin. 
Non sono mezzo sbronzo, 
è una sbronza completa; 
ma mollatemi qui in via G. Byron, poeta. 
Ero lì che pisciavo nei muri della storia 
nei cespugli dell'eden, gli ultimi vespasiani 
fitti di falli acidi del Genoa e del Sampdoria 
e tristi come le facciate delle cattedrali; 
ma sei sbucata tu da un dedalo di docce 
- cuccami nel mio loden da "Ebreo errante" - 
I'Olandesina smarca l'Olandese volante 
poi mi hai preso di tasca il mio "Valium" in gocce… 
Quei tuoi occhi da gatta svendimeli per saldo, 
dammi un palo di abisso, complottiamone a caldo 
ti voglio a un prezzo d'asta, in offerta speciale 
piglia due e paga uno, dammi il tuo corpo di Natale; 
ma io son sempre a Genova, 
e tu sei sempre a dieta 
mollami pure qui in via G. Byron, poeta.
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